Antonio Bassolino e Gerardo Marotta hanno aperto le tre giornate di Napoli (16-18 ottobre), finalizzate a traghettare Gramsci "da un secolo all'altro", sottolineando con forza l'originalità e la validità - oggi come ieri - dell'approccio gramsciano alla "quistione meridionale" nel quadro internazionale. Non si tratta - ha detto Bassolino - di richiamare lo Stato alla necessità di aiutare il Sud, bensì di promuovere il contributo del Sud alla riforma intellettuale e morale della società e dello Stato. Per questo - ha detto Marotta - se Napoli fa appello alla mobilitazione delle energie culturali meridionali, l'orizzonte di questo processo non è "meridionalistico" ma mondiale. Il primo Congresso della International Gramsci Society nella splendida cornice del Palazzo Serra di Cassano, sede dell'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, ha impresso forza di analisi e spirito di concretezza a queste considerazioni degli illustri ospitanti.
La partecipazione all'iniziativa, superiore a ogni aspettativa, di studiosi giovani e anziani di tutto il mondo, come del pubblico napoletano, pone il problema non in modo generico dell' "attualità" del pensiero di Gramsci, ma della sua capacità di riaprire i problemi "classici" del marxismo e della filosofia nella prospettiva epocale nuova determinata dal crollo del socialismo reale.
La centralità della riflessione sull'America e sull'americanismo assegna a Gramsci una collocazione diversa da tutti gli altri pensatori marxisti del secolo: o troppo arretrati nel tempo storico per poter guardare alle virtù progressive del moderno capitalismo "di marca americana" ovvero troppo implicati nell'epoca di Yalta, cioè nella divisione del mondo in blocchi contrapposti. Se Gramsci ci aiuta a ritrovare alla fine del secolo, più attorcigliati e pesanti che mai, i problemi dei suoi inizi, è perché il suo sguardo di allora, ben ancorato nel suo tempo, ha anticipato il futuro in una direzione che tutti ci riguarda: l'agglutinarsi del "mondo grande e terribile e complicato", ossia l'unità o l'unificazione drammatica e problematica, ma anche straordinaria e utopica, del genere umano. [END PAGE 32]
La forza dell'americanismo come l'orizzonte del comunismo, la dimensione geopolitica (che insieme separa e unisce Nord e Sud, Occidente e Oriente, America ed Europa), i linguaggi universali (dalla matematica alla musica), i mutamenti antropologici ("l'uomo nuovo"), sono tutti "temi" attraverso i quali un "sardo senza complicazioni psicologiche", come polemicamente scriveva di sé alla moglie russa, cercava di leggere le identità e le differenze del mondo che cambia associando reciprocamente "in modo inaudito" individui, gruppi sociali, società, nazioni.
Non stavano nascendo certo gli "individui associati" di cui aveva sognato Hölderlin e argomentato Marx, ma il terreno era comunque quello, che dava al prigioniero di Turi, impegnato nella faticosa ricostruzione del tessuto "nazionale-popolare" del suo paese preda del fascismo, la capacità di sprigionare dalla tradizione e dalla cultura di quello stesso paese, i fermenti vitali di un "cosmopolitismo di tipo nuovo".
Le giornate di Napoli hanno dato una sia pur pallida idea di come si possa cercar di "tradurre", nelle condizioni del nostro presente, il clima intellettuale e politico del passato gramsciano. Ne è scaturito un progetto culturale di proporzioni ampie e ambiziose, che intende collegare all'utilizzazione dei metodi e delle tecniche tradizionali (dal convegno al notiziario, dalla stampa al cinema-video, ai mezzi antichi e recenti di comunicazione interindividuale), l'uso di programmi immediatamente unificanti, come il "congresso virtuale permanente" su sito internet, che permetterà agli studiosi e agli "intellettuali di massa" di tutto il mondo di approfondire "in rete" la fitta rete concettuale ed empirica del pensiero gramsciano.
"Tutto ciò che di elementare sopravvive nell'uomo moderno, rigalleggia irresistibilmente": l'australiano Alaistair Davidson, sottolineando l'impatto delle considerazioni gramsciane a proposito di "folclore" e "cultura popolare" sulla odierna Oceania, si è ricollegato singolarmente, nel corso del convegno, al drammatico appello del giapponese Hiroshi Matsuda a non trasformare gli "individui in carne ed ossa" in abitanti elettronici del villaggio globale.
Il risultato più convincente del clima culturale di Napoli è stato l'instaurazione di un dialogo fluido e costruttivo tra esperienze e posizioni anche molto diverse. Un altro esempio è dato dalla straordinaria capacità dimostrata dalle categorie di "egemonia" e di "lotte egemoniche" di innescare un'analisi "comparativa" dei rapporti tra economia, politica e cultura nelle varie "società civili" rappresentate e discusse nel convegno: europei occidentali come Tosel, Haug e Kébir o orientali come Levin e Tsabo, americani come Rosengarten, Buttigieg e Cammett, brasiliani come Coutinho e Nogueira, isreliani, maltesi, portoricani . . . hanno offerto una prova documentaria di come "le storie particolari vivano solo nel quadro della storia mondiale".