Si è tenuto a Cuba, dal 18 al 21 febbraio 1997, un convegno su "Gramsci, los intellectuales y la sociedad actual (la costrucciòn de una nueva cultura)", organizzato dal Centro de Investigaciòn y Desarrollo de la Cultura Cubana Juan Marinello.
Si è trattato di un incontro in cui studiosi cubani e italiani si sono confrontati sul pensiero di Gramsci in rapporto all'oggi, attraversando il problema sia dal punto di vista strettamente filosofico-culturale, sia da quello, più stringente, politico-sociale. E' apparso chiaro, infatti, come per i relatori cubani (Jorge Acanda, Aurelio Alonso, Ana Cairo, Pilar Dìaz Castanòn, Fernando Martinez, Isabel Monal, Rigoberto Pupo, Joaquìm Santana, Gerardo Ramos Serpa) il convegno sia stata una occasione si autentica riflessione sul rapporto tra teoria e prassi, da verificare e riformulare nel difficile clima della Cuba odierna.
Il neoministro della cultura Abel Prieto, raccogliendo l'iniziativa del suo predecessore Armando Hart, organizzatore dell'iniziativa e gramsciano fervente, ha salutato gli ospiti italiani (Giorgio Baratta, Lea Durante, Silvia Finzi, Severino Galante, Guido Liguori, Grazia Paoletti, Luigi Pestalozza, Michele Rak, Mario Vegetti, Pasquale Voza) auspicando che la criticità, caratteristica gramsciana per eccellenza, possa essere recuperata come spinta per un ripensamento del comunismo a Cuba, dal momento che la criticità rappresenta l'aspetto essenziale e il punto di partenza del marxismo. Un invito, quello del ministro Prieto, che ha mostrato come sia sentito il tentativo da parte degli intellettuali cubani di affrontare il difficilissimo tornante della storia attuale del loro paese attraverso il superamento di qualunque rigidezza dogmatica, inclusa quella sotterranea ma duratura prudenza di cui un pensatore tradizionalmente considerato eretico come Gramsci - seppure studiato già da alcuni decenni - è stato oggetto.
I relatori cubani hanno offerto al dibattito un ventaglio di sollecitazioni alquanto diversificate, a riprova della vivacità del clima culturale esistente sull'isola. Al contempo, però, alcuni tratti comuni sottendevano le loro riflessioni: la delineazione di confronti storici e teorici con momenti e personalità importanti della vita di Cuba tra Otto e Novecento, da Martì a Mariategui, a Mella (fino al punto che i convegnisti si sono dati appuntamento per un nuovo incontro proprio sulle figure dei fondatori dei rispettivi partiti comunisti: Gramsci e Mella); l'ancoraggio non solo a [END PAGE 34] una solida interpretazione facente capo al marxismo, ma anche alle più recenti correnti del pensiero europeo e soprattutto francese; l'attenzione costante ai problemi attuali di parziale perdita del consenso da parte della rivoluzione. In relazione a quest'ultimo aspetto, naturalmente, non potevano che risultare centrali in alcuni interventi i concetti di egemonia, società civile e senso comune, in rapporto soprattutto al nesso nazionale-internazionale, centrale in Gramsci e attualissimo per Cuba.
Sugli aspetti eminentemente teorici del pensiero di Gramsci si sono soffermati diversi relatori cubani. Pupo ha sottolineato come nei Quaderni la filosofia cessi di essere la storia dei filosofi per assumere il senso di storia antropologica della cultura; mentre Hart (ex ministro della cultura e ora presidente del centro Marinello), Serpa (El marxismo de Gramsci) e Santana (Politica e historia en Antonio Gramsci) hanno espresso una radicale critica contro ogni deriva idealistica o storicistica,evidenziando il profondo valore etico-morale della "filosofia della prassi", lungo l'asse che va da Marx a Gramsci e sottolineando la necessità che tale valore rappresenti la precondizione ineludibile della politica.
Ana Cairo ha poi chiarito, nella sua relazione, quali siano stati i passaggi storici e i mutamenti di clima entro cui ha potuto inserirsi, a Cuba, la conoscenza e lo studio del comunista sardo, delineando così anche una significativa sintesi della condizione degli intellettuali nel tempo della rivoluzione. A questo proposito va notato come i relatori appena nominati abbiano in vario modo insistito sulla appartenenza di Gramsci alla tradizione marxista (soprattutto sulla linea che va da Marx a Lenin), sottolineando a tempo stesso il carattere critico del marxismo gramsciano.
Isabel Monal, avanzando forti perplessità sulla tendenza ad un certo eclettismo negli approcci metodologici, che ritiene di rinvenire in alcuni intellettuali e autori marxisti, specie in area latinoamericana, non nega il problema della necessità di una metodologia capace, gramscianamente, di dare conto della complessità del reale. La sua proposta, già nota a Cuba, e che raduna intorno a sé diversi studiosi e ricercatori intenti a lavorare per elaborarla e discuterla nel modo più ampio possibile, è contenuta nel concetto di "articulacion", una nozione con cui la Monal si apre, a partire da un solido sostrato marxista, a una prospettiva di conoscenza come mediazione e relazione. La verifica pratica di tale approccio ha animato la sua relazione su Sociedad civil y hegemonia, ma anche i molti contributi di discussione da lei offerti nell'ambito di tutto il convegno.
Non è stato un caso se molti dei relatori italiani hanno voluto in vario modo affrontare il nesso nazionale-internazionale, consapevoli come si sono dimostrati del carattere assolutamente non scontato dell'"evento" cubano. A partire dalla centralità dello Stato-nazione in Gramsci, ma definendo le coordinate attuali della sua messa in crisi ad opera della mondializzazione del sistema capitalistico, alcuni degli intervenuti hanno esaminato i problemi connessi all'economia (Grazia Paoletti) e ai modelli culturali (Galante, Baratta) del nuovo ordine globale. Pestalozza ha messo in luce la validità, oggi, della lettura gramsciana per comprendere il rapporto di sperequazione tra [END PAGE 35] "centro" e "periferia". Voza ha evidenziato come l'egemonia, gramscianamente legata al concetto di Stato, ne sia invece oggi del tutto svincolata.
Sul nodo nazionale-internazionale si è fermata l'attenzione di tutti i convegnisti, anche nel corso del dibattito, perché esso è parso il terreno su cui ragionare della costruzione della identità di Cuba oggi, quando cioè da un lato i presupposti interni di solidarietà nazionale e di classe, propri della Rivoluzione, sono messi a dura prova dalle conseguenze dell'embargo, e dall'altro la collocazione internazionale dello Stato è sostanzialmente quella dell'isolamento, dopo i mutamenti geopolitici seguiti all'89. La parziale apertura di Fidel Castro all'economia di mercato ha immediatamente avuto come conseguenza il crearsi di differenziazioni sociali prima inesistenti. Jorge Acanda ha notato il progressivo aumentare dell'uso del vocativo senor, in sostituzione del tradizionale companero, un impercettibile ma significativo segno della nuova, dinamica situazione di cui non è semplice prevedere gli esiti. La ricostruzione di un tessuto di relazioni interne al popolo e la individuazione di un livello equilibrato di rapporto con lo Stato sono stati i due punti nodali della discussione sulla società civile, posta al centro del dibattito proprio da Acanda attraverso la sua relazione (Los usos de Gramsci en Cuba y la actual discusion sobre la sociedad civil), nella quale, dopo aver ricordato la "funzione" assunta da Gramsci nel dibattito cubano degli anni sessanta, quando il marxismo gramsciano rappresentava un argine ai rischi di meccanicismo allora presenti per la filosofia e per la teoria politica, Acanda ha sottolineato l'importanza e l'attualità di Gramsci nel dibattito degli anni novanta, un dibattito bisognoso di categorie per l'interpretazione della realtà che siano dinamiche e pregnanti. Anche nelle tavole rotonde di argomento politico-culturale (La cuestion politica y los intelectuales e La formacion de una nueva cultura, la responsabilidad del trabajo cultural) Acanda ha avuto modo di precisare la sua accezione di società civile, richiamandosi da un lato alla riflessione gramsciana della "espansione molecolare" del potere, e dall'altro alla "microfisica" foucaultiana. Il problema, secondo Alonso (El concepto de sociedad civil otra ves en el debate), non è tanto di comprendere la contraddittorietà del rapporto tra società politica e societàcivile - va osservato che la questione del riassorbimento della prima nella seconda è affiorata variamente in diversi interventi -, quanto piuttosto di affrontare i conflitti interni alla società civile medesima: società civile vs. società civile. L'insistenza degli intellettuali cubani su questo tema ha suscitato in alcuni studiosi italiani il bisogno di precisazioni categoriali, relative all'uso liberale recentemente invalso della nozione di società civile. Mario Vegetti ha sottolineato il ruolo del partito contro il rischio di occultamento delle contraddizioni e di stemperamento della dialettica di classe. Un tale rischio, del resto, connesso ad una troppo pronunciata valorizzazione delle aspettative intorno alla società civile, è stato sottolineato anche da Fernando Martinez nella sua relazione Anticapitalismo y problemas de hegemonia, ricca di spunti anche sul rapporto tra nazione e internazionalismo. Dell'intreccio politica\cultura, in Gramsci e nella realtà contemporanea, si sono occupati Durante e Rak, mentre Liguori si è soffermato sulla differenza della concezione [END PAGE 36] dell'intellettuale in Gramsci e in Togliatti. Finzi ha offerto al contesto della discussione alcuni elementi biografico-psicoanalitici sul comunista sardo.
Importanti per la comprensione del livello reale di complessità dei processi di composizione sociale sono risultate le riflessioni di Maria del Pilar Diaz sul concetto di blocco storico, esaminato nei suoi aspetti storici, relativi all'uso gramsciano, ma soprattutto reso operante dalla studiosa come elemento analitico attuale.
L'impegno degli intellettuali cubani, in sostanza, ha permeato e sostanziato un incontro che si è spinto ben oltre l'interesse per gli studi gramsciani. Ha mostrato, infatti, l'intenzione e la volontà da parte di donne e di uomini, di operare una trasformazione, di agire sulla storia, a partire dall'analisi dell'esistente e non da categorie ideologiche assolute. Questo atteggiamento, vivo di una forte tensione politica e morale, non solo spiega la ampia diversificazione delle posizioni espresse dai cubani, ma fa comprendere anche il perché di un così pronunciato bisogno di verifica reciproca e di confronto continuo come quello da loro espresso nelle giornate del convegno. Si tratta infatti del tentativo di produrre un pensiero pratico che sia "collettivo", gramscianamente, nelle sue maglie profonde, capace di affrontare la sfida di una deriva sempre possibile, statalista o sovversivista, poiché a Cuba si vede bene ciò che Gramsci diceva per un altro contesto: è morto il vecchio mondo, ma uno nuovo non è ancora in grado di nascere.